Marco Cavicchioli
La situazione monetaria in Cina è attualmente molto diversa dalla nostra e da quella degli Stati Uniti.
In particolare non hanno inflazione, e addirittura i prezzi alla produzione sono in calo da nove mesi consecutivi.
Tutto ciò fa immaginare che ci possa essere un rischio deflazione, a causa dell’indebolimento della domanda. Infatti lo slancio della ripresa economica post-pandemia ha subito un rallentamento, a causa di debolezze nella produzione industriale, stagnante fiducia dei consumatori e crescenti difficoltà dell’export.
Stando ad alcuni analisti questa situazione aggiungerebbe pressione sul governo cinese affichè vari misure di sostegno alla domanda per rilanciare i consumi.
La questione chiave è proprio questa.
Se si osserva il grafico del bilancio della banca centrale cinese si scopre che non hanno creato denaro nel 2020, ma solo relativamente poco nel 2021.
Ma ancora più interessante sono il 2022 ed il 2023. Infatti nel corso del 2022 hanno ritirato denaro dai mercati, per poi tornare ad iniettarne tra dicembre e gennaio 2023. Forse non è un caso che proprio a gennaio 2023 ci sia stato il gran rimbalzo di Bitcoin post-bearmarket.
A questo punto viene spontanea un’idea, ovvero che la banca cinese possa tornare a creare denaro dal nulle ed a distribuirlo sui mercati per rilanciare la domanda, facendo così magari salire anche i mercati crypto, come a gennaio.
Oltretutto è da marzo che sta ritirando denaro dai mercati, quindi potrebbe benissimo riprendere ad immetterne.
Non va dimenticato che, nonostante il ban del trading crypto, i cinesi hanno continuato a fare acquisti sui mercati crypto, e da qualche tempo a questa parte sembra che il governo cinese si sia ammorbidito parecchio da questo punto di vista.
Se a ciò si aggiunge che il prezzo di Bitcoin potrebbe fare come a gennaio o a marzo e balzare sopra i 35.000$, il quadro che ne emerge sembra positivo. Non però necessariamente sul breve o brevissimo periodo, ma sul medio o medio/breve.
